Il vecchio Augmentin è sempre in testa
Al top dell' hitparade degli antibiotici, l' associazione tra amoxicillina (penicillina semisintetica) e acido clavulanico (inibitore delle betalattamasi), battezzata Augmentin dalla Gsk, indicato per un' ampia gamma di infezioni, dalle respiratorie alle otomastoidee. Il fatturato dell' antibiotico e dei suoi generici supera i 115 milioni in Italia, con 19,2 milioni di confezioni. Seconda è la claritromicina, usata per le infezioni delle alte e basse vie respiratorie con 102 milioni. La Abbott la commercializza col nome di Klacid. Terza la levofloxacina, commercializzata dalla Gsk col nome di Levoxacin. Quarto posto per l' Azitromicina, impiegata per curare infezioni respiratorie e otiti. Entra nella composizione dello Zitromax della Pfizer, nonché in Azitrocin, Ribotrex, Trozocina. Il fatturato della molecola nel 2007 è stato di 60 milioni.
Il Ceftriaxone, attivo nel Rocefin della Roche, con un fatturato di più di 56 milioni, è quinto. La ciprofloxacina, venduta dalla Bayer col nome di Ciproxin, assieme agli unbranded è sesta con 43 milioni di fatturato. E' efficace sui Gram negativi, compresi Salmonella, Shigella, Campylobacter. La Wyeth, all' avanguardia nella ricerca di antibiotici in grado di opporsi alla resistenza batterica, è settima con il Tazocin (a base di Piperacillina sodica/tazobactam sodico) che nel 2007 ha incassato 52,2 milioni. Stessa casa per l' ottavo posto, il cefixime, la molecola del Suprax (38,5 milioni). Segue l' Avalox della Bayer, a base di moxifloxacina, per le infezioni respiratorie, che fattura 19 milioni. Decima ancora la Wyeth che nel marzo 2007 ha lanciato un nuovo farmaco il Tygacil (fatturato 2007 di 573mila euro): è il primo farmaco approvato in Europa della classe di antibiotici denominati glicilcicline, in grado di opporsi alla resistenza batterica.
Antibiotico di marca il farmaco introvabile “Il generico è identico ma nessuno lo vuole”
È un po’ il feroce Saladino dei farmaci. Tanti lo cercano, perché i problemi legati alle infezioni batteriche come il forte mal di gola provocato dallo streptococco sono molto diffusi anche con i primi caldi. Ma pochissimi lo trovano. L’Augmentin è uno dei medicinali maggiormente carenti in questo periodo, insieme ad altri come varie preparazioni contenenti gli arcinoti antinfiammatori e antipiretici paracetamolo e ibuprofene, oppure antidiabetici, prodotti contro lo shock anafilattico e pure altri antibiotici.
Il problema delle carenze
Quello delle carenze è un problema ormai antico, non solo per il nostro sistema sanitario ma anche per quello di molti altri Paesi (vista la forte globalizzazione nel settore dei farmaci). Però in molti casi, malgrado gli allarmi, non c’è un vero problema a curare chi ha bisogno di un prodotto che manca. Proprio l’Augmentin può diventare il paradigma di questa situazione: per il farmaco che contiene amoxicillina e acido clavulanico esistono decine di generici, i cosiddetti farmaci equivalenti, che hanno gli stessi principi attivi e, quindi, anche le stesse proprietà terapeutiche. In Italia, però, i prodotti non di marca vengono usati molto meno rispetto ad altri Paesi europei. E così capita che quelle che, appunto, appaiono come mancanze riguardino solo il medicinale con il brand, che è tranquillamente sostituibile.
Aifa, e il dato è di una settimana fa, conta 3.638 preparazioni carenti nel nostro Paese (in molti casi si tratta di diversi dosaggi dello stesso medicinale). Il numero assoluto è cresciuto negli ultimi mesi ed è vero che esiste un problema di reperimento di certi prodotti.
Le soluzioni alternative
Ma se si osserva il numero delle medicine per le quali esiste un equivalente, diffuso sempre dell’Agenzia del farmaco, il problema si ridimensiona, visto che per 2.680 c’è il generico. Non solo, di quelle circa mille preparazioni che appaiono comunque “scoperte”, 541 servono contro problemi per i quali esiste un trattamento terapeutico alternativo. È il caso, per fare un esempio, di fattori di rischio come la pressione alta. Ci sono tante scelte farmacologiche diversificate per affrontarla, molecole diverse che arrivano allo stesso obiettivo.
Aifa, infine, permette di importare dall’estero 413 farmaci e questo è il caso delle carenze più importanti, che appunto richiedono di rivolgersi al mercato di altri Paesi. E per scongiurare il rischio che prodotti difficilmente reperibili da noi vengano rivenduti da grossisti in altri Stati, per 52 preparazioni è previsto un blocco temporaneo delle esportazioni, per evitare il problema della cosiddetta distribuzione parallela, un tempo molto diffusa da noi.
Gli italiani preferiscono la marca
"Il tema della mancanza di alcuni prodotti esiste, per una progressiva difficoltà nella produzione che hanno alcune aziende, anche tra quelle che producono gli equivalenti. I costi industriali aumentano, i ricavi no", spiega Stefano Collatina, presidente di Egualia, l’associazione delle aziende dei generici e dei biosimiliari. In Italia i generici sono sul mercato da anni ma non hanno sfondato, anche se la stragrande maggioranza delle medicine in farmacia hanno il brevetto scaduto. Tra i prodotti che non hanno più un’esclusiva, infatti, solo il 35% di quelli acquistati sono generici: la gran parte dei cittadini continua a preferire quelli di marca. Siccome il servizio sanitario passa gratuitamente solo i farmaci di fascia A che hanno il prezzo dell’equivalente, chi vuole il brand deve pagare la differenza.
Ebbene, in un anno gli italiani spendono di tasca propria oltre un miliardo per avere il cosiddetto “originator”. "Tra l’altro — fa notare Collatina — nel Sud i generici sono meno utilizzati rispetto al Nord, malgrado le maggiori difficoltà economiche. Per certi versi è anche un problema culturale ". Quando uscirono i generici, i farmacisti erano accusati di consigliare medicinali con il brand. Le cose sono cambiate. "Certo — conclude Collatina — Adesso diciamo che ci sono farmacisti che sono un po’ più attivi nel suggerire il generico rispetto ad altri. Il cittadino a volte ha delle resistenze, per questo deve essere consigliato bene"