Troppi antibiotici, uno su cinque è inutile

Un po' di mal di gola, un colpo di tosse, e subito si vanno a cercare gli antibiotici nel mobiletto del bagno. Senza neanche sentire il medico. Un errore commesso da centinaia di migliaia di persone ogni anno, che porta all' utilizzo inappropriato di almeno il 20 per cento dei farmaci antibatterici acquistati in Italia. È uno dei dati che spaventa di più l' Aifa, l' agenzia italiana del farmaco che ieri ha presentato il rapporto sui consumi 2012. Nonè solo una questione di soldi, che pure esiste, ma soprattutto di salute. "Prendere gli antibiotici quando non servono, fa aumentare le resistenze e rende le medicine meno efficaci contro i batteri", avverte Luca Pani, direttore generale di Aifa.

"Non basta che il consumo di questi farmaci sia calato del 6,5 per cento rispetto al 2011 - continua - perché veniamo da anni di aumenti fortissimi". L' anno scorso in Italia i farmaci sono costati 25,5 miliardi di euro. Ben due terzi delle molecole usate, il 62,1 per cento, sono ormai senza brevetto perché hanno più di 15 anni. Ci curiamo con rimedi vecchi, e in futuro il dato salirà ancora, visto che altri produttori perderanno le loro esclusive. Le aziende, del resto, non inventano quasi più molecole blockbuster, efficaci contro malattie molto comuni. La spesa per i farmaci a brevetto scaduto è il 37,7 per cento del totale, visto che si tratta di medicinali dal prezzo più basso. Poco più un terzo lo incassano i produttori dei generici, il resto finisce comunque nelle tasche delle aziende che vendono il farmaco di partenza. La "marca" funziona anche quando c' è la concorrenza di prodotti meno cari. Una categoria di farmaci che vede una crescita di prescrizione, del 4,5 per cento in otto anni, è quella degli antidepressivi. Anche in questo campo si segnala una forte inappropriatezza. Ad esempio il 50 per cento dei pazienti interrompe la terapia dopo tre mesi anziché portarla avanti fino ai sei previsti, sprecando medicinali e curandosi male. Crescono anche ansia e disturbi alimentari. "Questi dati ci indicano la presenza della crisi economica. Non a caso l' aumento avviene di più fra i giovani, che non trovano lavoro, e gli anziani, che non riescono ad arrivare alla fine del mese", commenta Sergio Pecorelli, presidente di Aifa.

Nel 2011 i farmaci erano costati 26,3 miliardi di euro, contro i 25,5 dell' anno scorso. Il calo è merito soprattutto della riduzione del 5,6 per cento della spesa territoriale, per l' acquisto in farmacia. Quella ospedaliera, che vale circa un terzo del totale, invece è cresciuta del 12,6 per cento e si sta cercando un sistema per arginarla. Il consumo di confezioni è aumentato di circa il 2 per cento. Ogni giorno 985 persone su mille assumono una dose di un farmaco passato dal servizio sanitario. "Nonostante l' aumento del consumo la spesa è rimasta sotto controllo - commenta il ministro Beatrice Lorenzin - grazie a una maggior appropriatezza nella prescrizione, su cui si può ancora lavorare, e all' immissione di farmacia brevetto scaduto e generici. Tuttavia c' è ancora forte disomogeneità tra le regioni". Quella dove si prendono più medicine è la Sicilia.

Il vecchio Augmentin è sempre in testa

Al top dell' hitparade degli antibiotici, l' associazione tra amoxicillina (penicillina semisintetica) e acido clavulanico (inibitore delle betalattamasi), battezzata Augmentin dalla Gsk, indicato per un' ampia gamma di infezioni, dalle respiratorie alle otomastoidee. Il fatturato dell' antibiotico e dei suoi generici supera i 115 milioni in Italia, con 19,2 milioni di confezioni. Seconda è la claritromicina, usata per le infezioni delle alte e basse vie respiratorie con 102 milioni.

La Abbott la commercializza col nome di Klacid. Terza la levofloxacina, commercializzata dalla Gsk col nome di Levoxacin. Quarto posto per l' Azitromicina, impiegata per curare infezioni respiratorie e otiti. Entra nella composizione dello Zitromax della Pfizer, nonché in Azitrocin, Ribotrex, Trozocina. Il fatturato della molecola nel 2007 è stato di 60 milioni. Il Ceftriaxone, attivo nel Rocefin della Roche, con un fatturato di più di 56 milioni, è quinto. La ciprofloxacina, venduta dalla Bayer col nome di Ciproxin, assieme agli unbranded è sesta con 43 milioni di fatturato. E' efficace sui Gram negativi, compresi Salmonella, Shigella, Campylobacter. La Wyeth, all' avanguardia nella ricerca di antibiotici in grado di opporsi alla resistenza batterica, è settima con il Tazocin (a base di Piperacillina sodica/tazobactam sodico) che nel 2007 ha incassato 52,2 milioni.

Stessa casa per l' ottavo posto, il cefixime, la molecola del Suprax (38,5 milioni). Segue l' Avalox della Bayer, a base di moxifloxacina, per le infezioni respiratorie, che fattura 19 milioni. Decima ancora la Wyeth che nel marzo 2007 ha lanciato un nuovo farmaco il Tygacil (fatturato 2007 di 573mila euro): è il primo farmaco approvato in Europa della classe di antibiotici denominati glicilcicline, in grado di opporsi alla resistenza batterica.

Spesi 211 milioni in antibiotici

Oltre 211 milioni di euro in un anno (il 2003) per l' acquisto di farmaci costosi e non sempre necessari. Tanto, troppo, si spende in Campania per gli antibiotici. Ancora più eloquenti i numeri della spesa per ogni abitante: 36 euro all' anno. La cifra, messa a confronto con quella nazionale, dà la misura dello sforamento: la media italiana, sempre per abitante, è infatti di 25 euro. La differenza, in negativo per la nostra regione, balza agli occhi: spendiamo ben 11 euro in più che nel resto del Paese. A riaccendere le polemiche sulla farmaceutica e sullo storico buco economico che la caratterizza, è stata la vicenda degli otto medici di famiglia a cui il manager della Asl Napoli 3, Paris La Rocca, ha decurtato lo stipendio con l' accusa di aver prescritto un numero abnorme di antibiotici. Per sei mesi la loro busta paga sarà più leggera del 20 per cento. Ma il provvedimento adottato dal direttore generale della Napoli 2 (Frattamaggiore e comuni a nord di Napoli) non è il primo del genere.

Un anno fa il vertice della Asl metropolitana Angelo Montemarano, aveva aperto un' inchiesta su 91 medici per iperprescrizione: per 24 di loro scattò una sanzione economica, mentre sei vennero giudicati anche penalmente per "comparaggio" e sospesi dalla convenzione con la Asl. La politica dei controlli e del monitoraggio decisi anche dall' assessorato alla Sanità si è dimostrata vincente consentendo, quest' anno, alla Napoli 1 una contrazione della spesa farmaceutica di 400 mila euro.

Eppure, nonostante il livello di attenzione sia sempre massimo, la situazione generale è ancora disastrosa. Basta leggere i dati riportati sul bollettino regionale dell' Osservatorio sul consumo dei farmaci diretto da Margherita De Florio per rendersene conto. Le tredici Asl della Campania, rispetto alla media nazionale, spendono troppo, per le medicine in generale e per gli antibiotici in particolare. Non lascia dubbi neppure il dato percentuale (ancora calcolato per 1.000 abitanti) che si riferisce a tutta la spesa farmaceutica: in Campania si arriva a 199.586 euro contro i 197.715 euro che rappresentano la quota nazionale. "Per alcune Asl il buco è maggiore di altre", precisa Angela Loreto, responsabile del servizio Farmacovigilanza regionale, "ma tutte, chi più chi meno, sono al di sopra della media nazionale". La Napoli 3 (proprio quella degli otto medici sotto inchiesta), è stata l' azienda sanitaria che nel 2003 ha sborsato di più per gli antibiotici: 41.434 euro per 1000 abitanti contro i 34.275 euro spesi dalla Napoli 2 diretta da Piero Cerato. Ma perché nel sud e in Campania si prescrivono tanti antibiotici? Ettore Novellino è il preside della facoltà di Farmacia che due anni fa, insieme ad alcuni dirigenti della Asl Napoli 3 tra cui il direttore sanitario Attilio Bianchi, condusse uno studio osservazionale sui farmaci.

Conferma i dati soprattutto per le terapie iniettive ("lo studio ha rivelato che rispetto al nord, le regioni del sud fanno ricorso al 25 per cento in più di antibiotici iniettabili"), sottolinea che il trend attuale rivela un' inversione in oltre il 90 per cento dei casi, e attribuisce la responsabilità dell' iperprescrizione a vari fattori. Il primo, culturale: "Il paziente del Mezzogiorno ancora oggi ritiene efficace la terapia in base al dolore provato durante la somministrazione: "il dottore mi ha dato una cura molto forte", dove forte sta proprio per dolorosa". Secondo il docente poi, non vanno sottovalutate le degradate condizioni igienico-ambientali che espongono a maggior rischio-malattia e quindi a maggior consumo di antibiotici e la pressione che gli assistiti, suggestionati dalle eccessive trasmissioni televisive sulla salute, esercitano sul povero medico curante.